Il 12 marzo 2015, il Sottosegretario ha tenuto un intervento sul tema "Seminare la legalità" nel corso di un seminario organizzato da Equitalia.
L'incontro si è svolto presso la sala del Parlamentino del CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro) a Roma.
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Ringrazio sentitamente per l'invito rivoltomi partecipare al Seminario organizzato da Equitalia su di un tema che sta particolarmente a cuore alla Chiesa e in modo specifico al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
Pur nella totale inadeguatezza, di tempo e di competenza, ad elaborare un vero intervento è, giustamente, a motivo di questo grande interesse che ho osato accettare l'invito a presentare un breve contributo alla riflessione di stamattina.
In effetti, quando la legalità entra in crisi, in una qualsiasi comunità, la giustizia e la pace di questa stessa comunità sono anch'esse messe in pericolo. E, se la costruzione di un giusto ordinamento sociale e statale è un compito politico, e come tale non può essere incarico immediato della Chiesa, essendo, questo, allo stesso tempo, un compito umano primario, la Chiesa ha il dovere di offrire attraverso la formazione etica il suo contributo specifico, affinché le esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente realizzabili[1]. Inoltre, nel problema della legalità entrano in gioco non solo la vita delle persone e la loro pacifica convivenza, ma anche la concezione stessa dell'uomo: ciò costituisce ulteriore motivo di interesse, poiché niente di ciò che riguarda l'essere umano è estraneo alla Chiesa.
Ecco in questo brevissimo intervento vorrei solo segnalare tre livelli intorno ai quali si situa questo interesse della Chiesa per la legalità.
Il primo livello è il livello morale che ha a che vedere con la giustizia delle leggi, una giustizia, per così dire, "giusta". Cioè: ubbidire alle leggi, è un valore, certamente, ma la legalità, cioè questo valore, non dipende solo dal fatto che le leggi siano state legittimamente introdotte nell'ordinamento giuridico dal legislatore. Se si deve ubbidire alle leggi è perché esse sono moralmente giuste, "assolutamente giuste", nel caso rispecchino il dettato di quello che la Chiesa persevera nel chiamare il diritto naturale, o perché "relativamente giuste", che rientrano, cioè, nell'ambito dell'opinabile, e sono prodotte da scelte discrezionali. In un caso o nell'altro non è mai il mero potere, fosse anche quello dei numeri, a giustificare la legalità, ma il bene umano, assoluto o relativo a seconda dei casi, che le leggi cercano di promuovere[2]. In altre parole, nella legalità entra anche in gioco il fatto che le leggi devono corrispondere all'ordine morale, poiché, se il loro fondamento immediato è dato dall'autorità legittima che le emana, la loro giustificazione più profonda viene dalla stessa dignità della persona umana che storicamente si realizza e si esprime nella società[3].
Il secondo livello è quello educativo. La comunità cristiana deve essere, per sua natura, fortemente impegnata a combattere le cause dell'ingiustizia, a contribuire fattivamente al rispetto delle leggi. I cristiani devono essere impegnati, cioè, a lavorare per il bene comune, che costituisce il fine dell'organizzazione di ogni società. La Chiesa celebrerà fra qualche mese il 50° anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II e approfitto di questo richiamo – e della presenza di tanti giovani in questa Aula del Parlamentino del CNEL - per citare l'insegnamento del Concilio sul bene comune. Concetto, questo, fondamentale ma non sempre chiaro o almeno ben conosciuto. Il bene comune consiste, nelle parole della costituzione pastorale Gaudium et spes: "nell'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente - oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri che riguardano l'intero genere umano"[4].
La Chiesa, che ha come suo compito quello della formazione delle coscienze, mette a disposizione dell'educazione alla legalità i mezzi che le sono propri: la predicazione, la catechesi, nonché le varie iniziative di presenza civile nel territorio. Ben nota, ad esempio, è la predicazione dei cosiddetti preti, a volte martiri, anti-mafia o anti-camorra, oppure l'istituzione dei centri anti-usura presso le parrocchie e le diocesi; il primo, in Italia si deve, se non sbaglio, all'iniziativa del P. Rastrelli a Napoli.
Per una visione più approfondita della posizione e delle iniziative della Chiesa italiana su questo argomento rimando ad un documento di quasi 25 anni fa che serba ancora oggi il suo valore, quello della Commissione ecclesiale Giustizia e Pace della Conferenza episcopale italiana intitolato Educare alla legalità[5]. Un documento profetico, per la verità, perché pubblicato il 4 ottobre del 1991 solo qualche mese prima che venisse alla luce lo scandalo di Mani Pulite. Un altro documento che va in questa direzione, e di sicuro interesse specie per Equitalia, è quello più recente della Commissione Giustizia e Pace della Diocesi di Milano intitolato Sulla questione fiscale. Contributo alla riflessione, del maggio 2000[6].
Il terzo livello, infine, è quello spirituale sul quale Papa Francesco continua a richiamare tutti, in modo particolare i cristiani, semplici cittadini e, a maggior ragione, responsabili politici e dell'amministrazione pubblica. Le sferzanti parole sulla corruzione, il giudizio che sembra senza appello sui corrotti, sono noti e ricorrenti e risalgono già agli anni in cui Papa Bergoglio era Arcivescovo di Buenos Aires.
La radice della corruzione, per il Papa, è di natura spirituale, non morale; risiede in quella che lui chiama la "stanchezza della trascendenza" e la pretesa di autosufficienza dell'uomo. Quando l'uomo peccatore indurisce il cuore, si sente autosufficiente, non pensa neanche a chiedere perdono a Dio, allora scivola nella corruzione e da peccatore, diventa corrotto. Qui la severità di Papa Francesco si manifesta con forza. Le parole pronunciate nell'omelia ai parlamentari italiani nella mattina di quasi un anno fa, il 27 marzo del 2014, risuonano come un monito: "E’ tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose"[7]. E le sue cose, sono il potere, il denaro, considerati come idoli[8]. E tutto questo, nel caso dei cristiani, è aggravato dall'ipocrisia, come ha ricordato anche in una recente omelia a Santa Marta il 20 febbraio[9].
Per una visione chiara e più completa dell'insegnamento di Papa Francesco su questo tema rimando all'articolo del P. Occhetta su La Civiltà Cattolica del luglio scorso. La visione, oltre che completa e approfondita è, per la verità, anche consolatoria...riguardo alla possibilità di redenzione del corrotto. Il Papa, scrive infatti Padre Occhetta, in realtà, pensa che, se aiutato dagli eventi della vita, attraverso le prove che gli arrivano da situazioni che non può evitare (malattie, perdita di ricchezze, di persone care..), anche il corrotto può salvarsi[10].
[1] cfr. Benedetto XVI, Deus Caritas Est, n.28
[2] cfr. D'Agostino, F., La legalità non è politica ma figlia di leggi "giuste", in Avvenire, 4 luglio 2007.
[3] cfr. Commissione ecclesiale Giustizia e Pace, Educare alla legalità, 1991, n. 2.
[4] Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 2.
[5] http://www.chiesacattolica.it/documenti/2002/10/00004806_trilogia_di_documenti_sull_educazione_all.html
[6] http://web.tiscalinet.it/identitaeuropea/archivio/terzapagina/fisco-ricciotti.html
[7] Papa Francesco, Omelia della Messa per i Parlamentari italiani, 27 marzo 2014, in Meditazioni del Santo Padre Francesco, http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2014/documents/papa-francesco-cotidie_20140327_messa-parlamentari-italiani.html
[8] Questo, del resto, è un tema caro anche al Papa emerito Bdnedetto XVI, che più volte ha affermato che senza Dio l'uomo si costruisce idoli (Dio ogli dèi). cfr, ad esempio, Udienza del mercoledì 15 giugno 2011.
[9] Papa Francesco, Omelia a Santa Marta del 20 febbtraio 2015, in Meditazioni del Santo Padre Francesco, http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2015/documents/papa-francesco-cotidie_20150220_digiuno-dall-ingiustizia.html
[10] Occhetta, F., Il Papa, le stituzoni, la corruzione, in La Civiltà Cattolica, n. 3938, 19 luglio 2014, p 158-167.